– di Gianluca Montinaro

Stefano Ciotti è un ottimo cuoco. Non solo perché ha indubbie capacità tecniche e una notevole conoscenza delle basi dell’alta gastronomia (nel suo cursus honorum Ciotti vanta un lungo apprendistato presso Don Alfonso 1890, la sublime maison della famiglia Iaccarino, a Sant’Agata sui due Golfi). Ma anche perché è dotato di un bilanciato e profondo senso del gusto. Il suo stile di cucina, che ha tratti impressionistici (nel senso che si svela con poche sagaci ‘pennellate’ di aromi e sapori), si esalta nella ‘narrazione’. Ricordi ed esperienze, suggestioni ed episodi si dispiegano nei piatti. Ma la vera bravura è che questa ‘narrazione’ non trasporta in luoghi ignoti, lungo un percorso scandito da tappe vissute dal solo chef e ignoto ai suoi ospiti (chessò, una trasferta all’altro capo del mondo piuttosto che un avvenimento straordinario…) ma, con approccio minimale (e qui numerosi paragoni si potrebbero avanzare con quella parte della letteratura del Novecento che racconta la ‘quotidianità della vita’, il ‘senso dei piccoli gesti’, la ‘profondità delle usuali esperienze’), in una dimensione di sensazioni ‘condivise’, di reminiscenze ‘note’, di esperienze ‘comuni’.

Il menu che Ciotti attualmente sta proponendo nel suo elegante ristorante – Nostrano (Pesaro) – si rifà, idealmente, a una giornata al mare, sulle spiagge marchigiane. Una giornata che in tanti possono dire di aver vissuto, e che ognuno di noi lega a ricordi propri. Ecco quindi che nei piatti le memorie del cuoco si mischiano a quelle dell’ospite, in un susseguirsi – quasi intimo – di particolari e di dettagli che ognuno di noi si porta dentro (il profumo della battigia di prima mattina; la pizzetta ‘rossa’ acquistata al bar dello stabilimento subito dopo il bagno, l’odore dei cibi di coloro che arrivavano in spiaggia con la schiscetta, il gelato Cucciolone comprato per merenda a metà pomeriggio…).

L’altro aspetto che assai positivamente colpisce, e che riguarda direttamente la costruzione dei piatti, è che Ciotti non è mai ‘sopra le righe’. La sua proposta, complice la salda formazione che ha ricevuto, vive in una dimensione di estremo equilibrio. Non ci sono gusti sbilanciati. Non ci sono aromi sovrastanti. Non ci sono affastellamenti di ingredienti. Non ci sono provocazioni tecniche. Tutto tende, con intima linearità, a una sensazione di sublime piacevolezza complessiva: contemporanea e appagante, evoluta e classica al contempo, nella quale modulate e sottili note speziate o acide fanno capolino, qui e là, con estrema discrezione, spesso sostenute da profumi e gusti di brace. Sicché, confortevolmente accomodati nella bella sala vetrata che affaccia sul mare, e ben accuditi da Ion Chelici e Stefany Piga, ecco che il pasto prende il via con la rivisitazione di un pomodoro al gratin (con granita all’aglio orsino), con un Cucciolone ‘salato’, farcito con gelati al Verdicchio passito e al fegato grasso affumicato, e con uno Spritz preparato con un bitter (la ricetta è sempre di Ciotti) all’acqua di mare. Sfilano poi – fra gli altri – una sagace interpretazione del binomio ‘piadina e alici’: con la prima cotta al vapore, e accompagnata da alici, maionese di rucola alla brace e brodo di cipolle «come una panzanella estiva». E quindi la sontuosa ostrica, col suo semifreddo, dadolata di cetriolo e salsa tzatziki di cetriolo e curry. E poi ancora, in un tripudio di profumi, lo spiedo di sgombro alla brace con salsa teriyaki alla mela, scalogno, rapa rossa e olio al prezzemolo. I maccheroncini di Campofilone in salsa di potacchio abbrustoliti in padella con acqua di pomodoro arrosto e vivacizzati da una ‘grattugiata’ di cedro ghiacciato sono un piccolo capolavoro di piacere e di goduria. Mentre la quaglia, cotta intera alla brace, con glassa di ciliegia e cardamomo e insalata di salicornia e aglio arrosto conquista per succulenza.

La cantina è più che fornita, sia di etichette del territorio sia di nomi blasonati dell’enologia italiana e francese. I menu degustazione (dallo straordinario rapporto qualità-prezzo) costano 75, 95 e 120 euro. Se ne spendono una novantina mangiando alla carta. Con tanta voglia di tornare!

  • Nostrano
  • Piazzale della Libertà, 7
  • Pesaro
  • Tel. 0721.639813
  • www.nostranoristorante.it
  • info@nostranoristorante.it
  • Turno di chiusura: martedì; a pranzo mercoledì e giovedì
  • Ferie: variabili in autunno
Piccola pasticceria rossiniana: La Gazza ladra; Zelmira; L’inganno felice; Tancredi