
– di Gianluca Montinaro
Quando, nella prima metà degli anni Novanta, Carla Prospero, moglie di Sergio Zenato, acquista l’antica e bella tenuta La Sansonina, nella zona Sud di Peschiera del Garda, a ridosso delle Colline Moreniche, lì già vi cresceva una vecchia vigna di Merlot. Una cosa assai strana per una zona che è notoriamente vocata alla produzione di bianchi. Eppure chi nel passato piantò quel vigneto ben sapeva cosa stava facendo. Il terreno della tenuta è difatti differente da quelli circostanti (che risalgono al Quaternario e sono di natura sciolta, composti perlopiù da limo, sabbia e argilla): oltre a essere più antico, è composto da argille ferrose e limi fini, più adatti alla coltivazione di una grande uva rossa. Ciò perché questa particolare composizione favorisce una ‘regolamentazione’ dell’alimentazione idrica della pianta, molto importante in particolare per il Merlot, vitigno che abbisogna di terreni ben drenati.

La sfida, per la signora Prospero e per sua figlia Nadia Zenato, fu quindi quella di immaginare un rosso che potesse raccontare l’eccezionalità di questo terroir, anche attraverso il tempo. Per farlo alla vigna vecchia si aggiunsero altri impianti, con barbatelle da cloni francesi piantate a elevata densità. Si venne poi a migliorare la tecnica di vinificazione sempre più tesa, anche attraverso una particolare attenzione ai momenti della fermentazione, della macerazione e dell’affinamento in barrique di differenti passaggi e grane, a esaltare la finezza degli aromi, l’eleganza della struttura e la pulizia delle sensazioni retronasali.

Tutto questo ultraventennale lavoro si è potuto apprezzare nel corso di una recente degustazione, tenutasi in cantina e guidata da Paolo Baraldi e Matteo Pintaudi (rispettivamente direttore dell’ospitalità ed enologo dell’azienda). L’intera verticale di Sansonina Merlot (dispiegata in ben venti annate: 1997-2021) ha mostrato come la scommessa di Carla Prospero possa dirsi vinta, e come questo vino si possa annoverare fra le migliori espressioni di Merlot del nostro Paese.

Se l’annata corrente – 2021 – si mostra già con un bell’equilibrio e una struttura definita, seppur ancora in divenire, la 2020 si propone già più integrata ed elegante: il naso è fine e ampio, la bocca è corposa, calda e morbida. Straordinaria è la riuscita della 2019 nella quale si percepisce una trasversale scia fresca che esalta al naso le note vegetali e fruttate (ancora belle croccanti) e al sorso si dipana con una succosità golosa e invitante: ottimo ora, di certo ancora più grande in futuro. Differente è l’espressione della 2018: note balsamiche, di china e di spezie scure, insieme a qualche tocco di salamoia, spiccano nel bouquet aromatico, mentre la bocca appare in evoluzione, con le sensazioni pseudocaloriche in primo piano.

Semplicemente superba è la 2016: stupenda l’olfazione, costellata di spezie, fiori, piccola frutta rossa e nera, leggere percezioni vegetali. Altrettanto stupenda la bocca, dominata da un equilibrio perfetto fra acidità, tannino setoso e morbidezza polialcolica. La lunghezza del sorso è infinita, sublimata da pulizia estrema. La difficoltà dell’annata 2014 (fredda e piovosa) si ritrova tutta nel vino ove spiccano note eteree al naso, insieme a frutta sotto spirito e cuoio, con un sorso un po’ troppo sbilanciato su un tannino ancora non perfettamente integrato e una morbidezza forse un po’ troppo flebile. Decisamente più interessante è la 2012 con il suo bouquet minerale (si avvertono toni ematici), floreale (viola e rosa appassite) e speziato, e la sua bocca equilibrata e ancora fresca, con il tannino ben integrato e una struttura agile ma possente, che si dispiega più in lunghezza che in larghezza.

Da primo premio assoluto è la 2009: l’espressività del naso rapisce. I riconoscimenti non solo sono innumerevoli ma sono anche fini e persistenti. Il sorso si dispiega con equilibrio superbo: la struttura tiene il passo della freschezza mentre il medio calore alcolico esalta la morbidezza dei tannini. La lunghezza è infinita, la pulizia estrema e quasi si avverte in fondo di bocca una croccantezza fruttata che invoglia subito al bicchiere successivo.

Bella l’espressione aromatica della 2007, con la bocca che si muove di conseguenza, su un percorso lineare che, seppur non eccelso come eleganza, soddisfa comunque per leggerezza ed equilibrio.
Anche l’annata precedente – la 2006 – sfiora l’eccellenza: il naso è un tripudio di ciliegie e prugne sotto spirito, di marmellata di rabarbaro, di spezie (curry, caffè, cardamomo…), con leggeri tocchi di fungo e di tartufo, mentre la bocca marcia con somma eleganza e sommo equilibrio, con una pienezza espressiva invidiabile e una lunghezza da primato. Pure la 2004 e la 2003 – a dimostrazione di come Sansonina Merlot sia davvero un maratoneta d’eccellenza – colpiscono. In entrambi i casi il naso appare pieno ed espressivo: la prima con note di spezia dolce (si avverte dello zafferano) e di frutta a polpa in confettura, la seconda con una croccantezza appagante, giocata su frutti di bosco, accenni floreali e vegetali (note di erba tagliata) e su nuance terziarie che riportano al mondo del cuoio e delle spezie scure. La bocca della 2004 si muove con leggerezza e linearità, sottolineando più la piacevolezza di beva che l’imponenza della struttura. Discorso differente per la 2003 che, ugualmente fresca (nonostante l’annata sia stata caldissima), si presenta più profonda e articolata, ben in equilibrio fra durezze e morbidezze, e assai lunga.

Discorso differente per le prime quatto annate del vino: 1997, 1998, 2000 e 2001 che, complice anche un differente metodo di vinificazione, nel quale concorrevano una parte di uve parzialmente appassite, appaiono oggi con un’espressione pienamente virata sul terziario, fortemente ematica al naso, ed eterea in bocca.
- Azienda Agricola La Sansonina
- Località Sansonina
- Peschiera del Garda (Vr)
- Tel. 045.7551905
- www.sansonina.it
- info@sansonina.it