– di Gianluca Montinaro

Fra i grandi vini bianchi francesi, il Condrieu è il più delicato e affascinante. Prodotto nell’alta valle del Rodano, nell’omonima cittadina (appena qualche decina di chilometri a Sud di Lione), è un vino a base Viognier: un’uva autoctona di queste zone. Se l’origine del vitigno è oscura (si narra che nel III secolo d.C. l’imperatore Probo l’abbia importata dalla Dalmazia) certa appare invece la vicinanza genetica – attestata da recenti studi – ad altri vitigni di origine alpina e subalpina.

Nella seconda metà del XIX secolo il Condrieu aveva raggiunto una enorme fama: veniva considerato fra i migliori vini del mondo. La fillosserra prima e le oggettive difficoltà di coltivazione hanno, all’inizio del Novecento e poi almeno sino al 1970, portato una drastica riduzione della superficie vitata: si pensi che nel 1965 erano rimasti solo otto ettari di Viognier a Condrieu! Per fortuna, alcuni lungimiranti produttori (fra cui Georges Vernay, dell’omonimo eccelso domaine), hanno continuato a scommettere su questa uva assai delicata, dai grappoli piccoli e dagli acini minuti, tanto sensibile alle malattie (soprattutto oidio e marciume), quanto difficile da coltivare (i pendi che sovrastano Condrieu sono assai ripidi nonché ardui da lavorare perché ricchi di ciottoli, pietre e massi). Da una trentina d’anni a questa parte il Condrieu sta vivendo un ‘secondo rinascimento’. L’apprezzamento degli appassionati da un lato (che ne ricercano gli inebrianti aromi floreali e fruttati, e la splendida verticalità minerale) e il sempre maggior interesse dei produttori dall’altro ha ampliato di molto l’offerta, in un quadro generale di qualità elevata che si è peraltro mosso nella direzione dell’individuazione e valorizzazione delle vigne più vocate dell’appellation.

I lieu-dit dei domaine Vernay, Cuilleron, Villard, Ogier, Lafoy sono – senza ombra di dubbio – fra i migliori bianchi di Francia (oltre – ovviamente – al preziosissimo Château Grillet, un’enclave in monopole all’interno della Aoc Condrieu, che si fregia di un Aoc a parte). Eppoi, nell’empireo del Condrieu c’è l’etichette forse più rappresentativa e nota dell’appellation: La Doriane, prodotta in sole seimila bottiglie all’anno dalla cantina più importante e storica della parte Nord della Valle del Rodano: Guigal (la sua sede, nel castello di Ampuis, vale la visita!).

La Doriane – che fa parte della collezione Les Trésors (I Tesori, collezione che raccoglie i vini di Guigal frutto delle migliori parcelle di ogni appellation, fra cui la notissima trilogia di Côte-Rôtie: La Landonne; La Turque e La Mouline) – è, in effetti, l’assemblaggio di cinque parcelle eccezionali, situate in cinque vigne (età media 35 anni), fortemente pendenti e con suoli a base di arenaria e di granito di differenti composizioni, dislocate a Sud e a Nord dell’appellation: Côte Chatillon; Chery; Vernon; Volan e Colombier (in tutto sono appena quattro ettari!). Le uve, che sono raccolte a mano, a perfetta maturazione, sono vinificate e affinate in piccoli fusti di rovere nuovi, ove anche svolgono la fermentazione malolattica, per circa otto mesi. Il vino viene quindi imbottigliato e lasciato riposare per almeno ancora quattordici mesi, prima di essere immesso sul mercato. Ne nasce un vino profondamente francese che – per fortuna – nulla ha a che vedere con i tristanzuoli parametri della stragrande maggioranza dei vini bianchi italiani. Pensato – come si dice Oltralpe – pour la gastronomie, va gustato a tavola, magari accompagnato da un grande pesce d’acqua dolce con salsa o, ancora, da una carne bianca (perfetta sarebbe una poitrine de poulard de Bresse).

Il 2020 a Condrieu è stata un’ottima annata, che ha regalato vini con un buon grado di acidità e una bella bevibilità. E anche La Doriane 2020 si pone su questa linea. Il colore è uno splendido giallo dorato (che tradisce il passaggio in legno). Il naso è a dir poco sontuoso: i profumi sono eleganti e fini e si muovono da soavi aromi di albicocca e pesca nettarina (tipiche del Viognier), vivacizzate qua e là da spunti di fico e di agrumi, a belle note floreali ed erbacee (la vervena si percepisce chiaramente), leggere sensazioni boisé, e una verticalità imponente, che sfugge la pietra focaia e pare più collocarsi sul sasso ‘arrostito’ dal sole. In bocca il vino è maestoso (e forse proprio per goderlo appieno sarebbe meglio berlo a 14 gradi, dopo averlo precedentemente scaraffato) ma non pesante. L’acidità, che guida in sorso, si nasconde dietro una mineralità fine come poche, mentre la sensazione calorica (La Doriane ha un titolo alcolometrico pari a 14,5%) si cela dietro la struttura polialcolica, in un gioco di grande equilibrio ed eleganza. In centro di bocca il vino si ‘apre’ regalando una sensazione di pienezza (pur essendo di medio corpo) nella quale è facile ritrovare ciò che si è percepito al naso. E al contempo sfuggendo quella sensazione di oleosità che qualche volta si incontra nei Condrieu. Il sorso procede diritto, armonico e senza sbavature, e in fondo di bocca acquista una progressione vorticosa che lascia una persistenza quasi infinita.

  • Guigal
  • Route de la Taquière, 5
  • Ampuis
  • Francia
  • Tel. 0033.(0)4.74561022
  • www.guigal.com
  • info@guigal.com