– di Gianluca Montinaro

Soffia il vento sui bricchi di Treiso, fra le vigne del Barbaresco. Soffia, e fa girare la ‘chiave’ (la ciau) del ‘tornavento’ (banderuola segnavento). Ma che tiri Tramontana o Maestrale, Libeccio o Grecale, non si sbaglia mai a gettare l’ancora nella piazza centrale del borgo, in quello che fu l’antico asilo edificato in epoca fascista. Perché qui – dove è bello immaginare che un tempo maestre deamicisiane come la Delcati e quella «dalla penna rossa» educavano bambini che invece di seguir lezioni avrebbero voluto correr giù, a perdifiato, per i pendii – il vento della buona cucina non smette mai turbinare. Una certezza, quindi, è La Ciau del Tornavento. O meglio, una vera e propria istituzione della ristorazione langarola: con la sua ampia e magnifica sala vetrata. Il suo curato giardino. La sua ottima cucina. La sua immensa collezione di vini.

Tutto il merito della costruzione di questo gioiello va a Maurilio Garola, ai fornelli insieme a Marco Lombardo, e a Nadia Benech (che dirige con classe la sala) che, con estrema costanza, hanno sempre più alzato l’asticella della qualità, puntando, da un lato, sulla espressività di una proposta sì ispirata alla tradizione ma non bloccata dai rigidi canoni del passato, e dall’altro sull’attrattiva di una magnifica cantina (fra le più complete dell’intero Paese, e che merita la visita) che raccoglie tutte le più blasonate etichette italiane e francesi, anche in formati speciali, lodevolmente proposte a prezzi corretti.

In tavola giungono piatti golosissimi, sia più creativi (con le materie prime sabaude che si intrecciano ai prodotti della vicina Liguria, spesso vivacizzati dalla meditata presenza di spezie ed erbe aromatiche, come nei casi – per esempio – del tonno pinna gialla marinato con Olive di Taggia, pinoli, avocado e leche de tigre o del polpo alla plancia con crema di patate e cozze) sia più tradizionali. Ed è – forse – proprio con quest’ultimi che la cucina si esprime al meglio: in modo davvero smagliante. La variazione di lumache di Cherasco, prima con scalogno, fondente di patate, olio di verdure e foie gras affumicato e quindi gratinate «alla parigina», è di succulenta rotondità. La rilettura di alcuni ‘ammennicoli’ (frattaglie) e ‘bagnetti’ (salse) tipici della gastronomia piemontese è fenomenale nella composizione di lingua, batsoà (piedino fritto) e testina con salsa rossa e granita di salsa verde. Da mangiare, e rimangiare, sono poi gli gnocchi con ragù di trippa di vitello cucinata in versione amatriciana. Mentre sempre fra le migliori si conferma la classicissima finanziera, ben cotta e spruzzata con un poco di aceto. E da primo premio è infine il capretto, anch’esso servito in due momenti: arrosto e quindi impanato e ripieno di toma piemontese Inalpi, con semolino fritto e mela fritta (a mimare un mini-fritto misto piemontese). Lo spazio per il dolce, quand’anche si sia satolli, va di necessità trovato: il gelato alla crema mantecato al momento al tavolo e proposto, se lo si desidera, con zabaione merita l’assaggio!

Il servizio è giovane, e non manca di cortesia anche nei momenti di più alto afflusso (praticamente sempre! Qui la prenotazione è necessaria, da effettuarsi anche con larghissimo anticipo nella stagione del tartufo). Ampi percorsi di degustazione a 120, 130 e 140 euro. All’incirca, a seconda della scelta, stesse cifre alla carta. Disponibili, a fianco al ristorante, alcune eleganti camere per prolungare la sosta.

  • Piazza Leopoldo Baracco, 7
  • Treiso (Cn)
  • Tel. 0173.638333
  • www.laciaudeltornavento.it
  • info@laciaudeltornavento.it
  • Chiuso: mercoledì; giovedì
  • Ferie: variabili