– di Gianluca Montinaro

C’è un prima e un dopo nella storia di Ferrara. Il prima è la Ferrara dei duchi d’Este, brillante e fastosa capitale europea di cultura e sapere. Il dopo è la Ferrara dello Stato della Chiesa, con la sua atmosfera anonima e conformista, persa in sogni di un passato glorioso che non sarebbe mai più tornato. In mezzo una data – 27 ottobre 1597 – che vede la morte dell’ultimo duca, Alfonso II, e l’estinguersi del ramo legittimo della famiglia. Da quel giorno di poco più di cinque secoli fa, la Ferrara che era stata di Ludovico Ariosto e di Torquato Tasso, di Pietro Bembo e di Giovan Battista Giraldi Cinzio, del Garofalo e di Dosso Dossi, trovò rari cantori. Fra i quali, forse, solo Gabriele d’Annunzio riuscì per davvero coglierne nel profondo l’anima malinconica e metafisica, condensandola – lui, che era vero artista della parola – in quell’immagine di «città del silenzio» che ha fatto scuola.

Ebbene, se dire che, oggi, «gli Estensi son tornati» sarebbe una forzatura, molto meno lo è sostenere che, una parte almeno dello spirito della città ducale, ha ripreso a vivere: quello della cultura gastronomica. E ciò accade grazie a un’insegna – Makorè – che, aperta nel 2015 (per iniziativa dell’imprenditore Federico Fugaroli), si sta ponendo come ideale prosecuzione di quella ‘civiltà della tavola’ (incarnata dal celebre cuoco cinquecentesco Cristoforo di Messi Sbugo) della quale Ferrara fu, insieme a Mantova, capitale indiscussa.

Makorè, che sorge a poche decine di metri dal Castello Estense, è un locale fine ed elegante, ma dall’atmosfera piacevolmente spigliata e informale, che erge la sua proposta su due assiomi: la materia prima di qualità, e la sua rielaborazione in modo personale e autoriale. Che gli ingredienti siano più che ottimi è facile spiegarlo: Makorè lavora pesce, e si rifornisce dalla adiacente pescheria di proprietà (aperta anche al pubblico da martedì a sabato, dalle ore 9.30 alle 12.30 e dalle 17 alle 20). Ma ai fornelli non ci si limita a proporre una mera ‘cucina di materia’. Le ricette e gli elementi sono ripensati in modo creativo ma – ed è qui ciò che distingue questa tavola e la proietta nell’empireo dell’eccellenza – senza tradire né il gusto né soprattutto la sua memoria. Il cuoco, il valente Denny Lodi Rizzini (classe 1994), gioca sulla ‘destrutturazione’ delle ricette storiche non per ‘dissacrarle’, magari proiettandole in una girandola di sensazioni e spunti che in nulla ricordano il piatto originario. Ma per creare nuove prospettive di interpretazione, salvaguardando – come fosse un filo d’Arianna – quei profumi e quei sapori primari che collocano la pietanza all’interno di un panorama di riferimento.

Non nascondiamocelo: quante volte si mangiano piatti, magari anche buoni, forse pure ottimi, ma che, essendo ‘slegati’ da ogni riferimento, ed esprimendo solo il pensiero del cuoco, lasciano nulla, al di là della sorpresa e del piacere iniziali? Ecco, tranquilli, da Makorè per fortuna non è così. E l’intento viene dichiarato sin dall’inizio, dall’amuse-bouche, il «soffritto all’italiana», che nella sua brunoise di cipolla, sedano e carota (completata dalla tricolore presenza di perle di tapioca) tanto ricorda le sensazioni di ragù della domenica, attorno al desco familiare. Muovendosi in crescendo la cucina ‘smonta e rimonta’ un altro classico, in questo caso locale: il cappellaccio di zucca. Che diventano delle semisfere di zucca cotte in osmosi in un brodo di zucca aromatizzato all’amaretto e alla senape e servite con un beurre blanc profumato da una estrazione di salvia. Un tripudio di soddisfazione e di gusto, sostenuto da una tecnica ineccepibile e da una ottima conoscenza dei fondamentali. Ma la sfida viene elevata ancor di più perché, in contemporanea, su un piatto a parte, giunge il vero cappellaccio (solo arricchito dalla presenza di mostarda e amaretto, in omaggio alle origini mantovane di Denny). Quale la migliore interpretazione fra i due? Difficile dirlo, salvo che la definizione di sapori e aromi è per entrambi di livello magistrale.

Come lo è l’esegesi del rinascimentale pasticcio alla ferrarese, una delle ricette più emblematiche della città estense. Il sontuoso scrigno di pasta frolla, ripieno di maccheroni, carne e rigaglie, tartufo e besciamella, prende la forma di tre rigatoni (Pastificio Gentile, Gragnano) conditi con una salsa al lievito di birra disattivato arricchita da lamelle di tartufo nero e da una craquelin a base di Parmigiano Reggiano 36 mesi. A ricordare infine la frolla una bella sfoglia salata che riproduce il profilo del Castello Estense.

Ecco poi che in tavola giungono, dal Veneto, prima il riso cotto in brodo di gò (ghiozzo) arricchito da un pesto di alga nori e da una gelatina di brodo dashi e furikake (dalle belle sensazioni aromatiche e ‘umamiche’ di derivazione orientale, un altro fra i ‘punti di riferimento’ dello chef) e poi, dall’Emilia, il «bollito misto». Che da Makorè però è di pesce, con tutti i tagli d’ordinanza. La lingua di vitello diventa lingua di baccalà confit. Il manzo veste i panni di una mazzancolla in yakitori glassata da jus di manzo. La scaletta si traveste da ventresca di tonno. Il cotechino viene mimato da una salsiccia di tonno e seppia cucinata in un brodo di salsiccia. Il muscolo di manzo assume la forma del muscolo delle branchie della ricciola. E a coprire il ruolo della gallina, per assonanza, ecco la gallinella di mare cotta in brodo di gallina e gallinella. Non mancano ovviamente, come da tradizione, tutti i bagnetti: verde, al rafano e rosso (quest’ultimo fatto con una estrazione di testa di mazzancolla). Eppoi la giardiniera di verdure, il tradizionale purè e il consommé (qui di gallina e gallinella).

Ma c’è una ricetta che, più di tutte le altre, riassume la grande storia della cucina ferrarese: lo storione. La tradizione, codificata proprio da Messi Sbugo, vuole che questo maestoso pesce, tagliato a tranci, venga preventivamente marinato in vino bianco, erbe aromatiche e spezie prima di essere cotto. Denny lo macera con mirin e sake e poi lo cuoce a bassa temperatura prima e quindi alla griglia, accompagnandolo con una verza marinata alla senape e una maionese ai semi di senape che contribuiscono a ingolosire ulteriormente la preparazione.

La chiusura è affidata a una imperdibile e classicissima torta di rose, da ‘pucciare’ nello zabaione, in un voluttuoso tripudio che conquista tutti.

Ma la ‘ricerca’ che si fa a Makorè non si ferma alla cucina. I numerosi spunti orientali che vivacizzano con intelligenza e intellegibilità le pietanze si ritrovano anche nella proposta di abbinamento al calice. Il sommelier – Isacco Giuliani (anche lui classe 1994) – oltre a valorizzare la produzione regionale e a ricercare piccole ‘chicche’ provenienti da territori emergenti, propone raffinati percorsi che si muovono fra i sake giapponesi e il vasto mondo dei tè. A ogni portata è infatti possibile abbinare una tazza di questa millenaria bevanda, in un pairing che è stato studiato, di concerto con la cucina, per ogni singolo piatto. Il servizio, che vede un altro giovane in prima linea – Nicola Mantovani – si muove con sorridente classe e bel savoir-faire.

I tre menu degustazione sono offerti a prezzi da encomio: 65, 85 e 100 euro. Se ne spendono una settantina per due piatti e un dolce.

  • Makorè
  • Via Palestro, 12
  • Ferrara
  • Tel. 0532.092068
  • www.makore.it
  • info@makore.it
  • Turno di chiusura: lunedì; martedì; a pranzo mercoledì e giovedì
  • Ferie: variabili
Abbatia Brut Nature Metodo Classico, azienda Mariotti (Argenta, Fe; Fortana 100%)
Pasticcio alla ferrarese
Pasticcio alla ferrarese, con il profilo del Castello Estense
Sake giapponese Kinunoaji Junmai Daiginjo, azienda Shichiken
Riso cotto in brodo di gò con pesto di alga nori, gelatina di brodo dashi e furikake
«Bollito misto»
La composizione del «bollito misto» nel piatto con, al centro, salsa verde, salsa di crema al rafano, salsa rubra con estrazione di testa di mazzancolle
Giardiniera di verdure; purè tradizionale; consommé di brodo di gallina e gallinella
Tandem 2022 (Aog Zenata, Marocco, da uve Syrah e Cinsault in parti uguali)
Storione alla ferrarese con verza marinata alla senape e maionese ai semi di senape
Finta mozzarella di bufala
Torta di rose…
…con zabaione
Piccola pasticceria